qualcosa che non riescono a guardare in faccia.
Alcuni passano tutta la vita a nasconderlo,
se lo portano addosso ad ogni passo,
fino a che un giorno se ne liberano,
se ne liberano e lasciano che quel segreto
li trascini sul fondo,
là dove nessuno fa più domande
né perde tempo a guardarti in faccia,
nel buio ai margini della città.>>
Da Darkness on the edge of town di Bruce Springsteen, traduzione di Leonardo Colombati, tratta da Come un killer sotto il sole (Sironi)
Straniero, se tu passando mi incontri e desideri parlare
con me, perché non dovresti parlarmi?
E perchè io non dovrei parlare con te?
Walt Whitman, To you, da Foglie d'erba (Leaves of grass), trad. Giuseppe Conte, Mondadori
Questo mio personalissimo posto delle fragole, che forse non rimanderà mai ai luoghi dell'infanzia e dell'innocenza come nel grande film di Ingmar Bergman, che non parlerà mai di me in maniera nuda e diretta, saprà dire di me più di ogni confessione autobiografica, perchè quello che io sono e l'orientamento che col tempo assumono i miei occhi riflette ed è riflesso delle mie passioni, dei miei ascolti, delle mie letture. Parlare di sé è il più inutile dei peccati, diceva Pascal, per cui ho deciso di eludere il suo biasimo parlando in maniera indiretta, attraverso il mio modo di vedere le cose.
Pur descrivendo sentimenti e situazioni lontane dalle mie in questo momento, mi piacerebbe che accadesse qualcosa di simile a quello che si legge in Darkness on the edge of town del Boss, anche se in maniera diversa e opposta: qui non si rivelano segreti, e non se ne custodiscono, ma si fanno domande e ci si guarda in faccia, perché quello che avete (abbiamo) davanti agli occhi sullo schermo non è nient'altro che me e la mia sensibilità, così come i commenti che vi piacerà lasciarmi, io presumerò siano l'espressione della vostra ("...e ciò che io presumo, tu lo presumerai,/perché ogni atomo che mi appartiene appartiene anche a te" dice lo zio Walt). E non ci sarà oscurità e silenzio ma la luce della parola che, come dice Emily Dickinson, "solo appena è detta (nel nostro caso, scritta) comincia a vivere". Per me questo sarà il palcoscenico dove si muoveranno le mie parole, il piccolo luogo dove spero troveranno visibilità, dove inviterò le parole degli altri a confrontarsi con le mie, se qualcuno vorrà confrontarle. Si muoveranno sotto queste strane, umili e volubili Luci della ribalta, come ho scritto nel sottotitolo pensando alla bellezza e al significato che ha per me il film di Charles Chaplin.
Per tutto questo mi piacerebbe che non ci sia "buio" ma "luce ai margini della città", e che tutti volentieri ci facessimo trascinare dentro, senza segreti da nascondere, senza pensieri che non si possono raccontare, e che ci costringono a non farci domande e a non guardarci in faccia.
E’ forse chiedere troppo?
A presto, r. g.
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Chiedo scusa e allo stesso tempo ringrazio il mio amico David per aver ispirato, senza saperlo, il titolo di questo post.