Tempo fa mi imbattei nella colonna sonora di un film, City of Angels, che narrava la storia di un angelo che diventa umano perchè s'innamora di una ragazza: "An angel falls" è il titolo di uno dei brani che la compongono, composti da Gabriel Yared, ma fortuna ha voluto che prima di questo film abbia incontrato il film da cui è nato, il bellissimo Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders, opera visiva e poetica altissima, ispirata dall'opera del poeta boemo Rainer Maria Rilke. Il film si apre con una panoramica dall'alto di Berlino; è la visuale dei due angeli custodi della città, Damiel e Cassiel, entità del tutto spirituali, senza tempo e senza storia, che vegliano sugli abitanti venendo loro in aiuto, senza che questi ne abbiano coscienza. La loro visione è rigidamente monocolore, come la verità, che solamente possono conoscere: e gran parte del film, girata in bianco e nero con pochissimi effetti speciali, è costituita dallo sguardo di questi sugli uomini e dai pensieri di costoro che, improvvisamente, si palesano al giungere degli angeli. Storie di solitudine e di disagio, sullo sfondo di una città a volte desolata e desolante, un vecchio che rimembra un'epica della pace prima della guerra, e contro la guerra; uomini qualunque in metrò o nella grande Biblioteca Nazionale; un ragazzo e i suoi genitori in preda a diverse preoccupazioni; un gruppo di circensi al loro ultimo spettacolo. Ma per quanto queste storie siano tristi e piene di solitudine, per quanto possano sembrare prive di universalità e spiritualità, esse attraggono fatalmente lo sguardo dei due angeli, e di Damiel in particolare.
Sembra che egli senta un tipo di compassione superiore, o meglio, una compassione simile a quella umana, umanità che, angelo fatto di essere spirituale, guarda dall'alto senza essere conosciuto con i sensi dalla gente (fanno eccezione i bambini, cui Wenders ha dato molte affinità con gli angeli, per la loro ingenuità e per la loro esigenza di domande “metafisiche”): e, scambiando con Cassiel le vicende umane cui ha assistito, confessa un desiderio di corporeità, di peso, di colori e di sensi che l'altro non riesce a capire appieno. Per questo mi piace ricordare il titolo con cui la pellicola è stata distribuita nei paesi anglofoni, Wings of desire, che per una volta riesce a cogliere un aspetto fondamentale del film, per me: la compassione e il desiderio ardente di abbandonare l'infinitezza per la finitudine umana, l'immutabile per il mutevole, per il multiforme, per il divenire; l'atarassia per il patire, il sentire. E la gioia dei piccoli gesti, un caffé, la sensazione di calore di due mani sfregate, le chiacchiere in compagnia di un amico… i colori, la gioia delle piccole cose, l’elogio della quotidianità. Damiel, che a differenza di Cassiel ha una tensione insopprimibile verso il mondo, per una volta non è stato solo spettatore, ma è investito dalla espressione spirituale di un sentimento come l'amore. Marion, la giovane trapezista di cui s'innamora, è una piccola e giovane anima perduta nell'immensa città del Muro che separa, che divide; che in un musicale cupio dissolvi balla da sola al ritmo alienante delle canzoni di Nick Cave (che interpreta se stesso nel film); un'anima sola che, davanti agli avvenimenti della vita, si interroga sulla propria esistenza, sulle proprie paure e sensazioni, e che non cede alla disperazione. Domande che celano anch'esse un forte desiderio, una ricerca, un desiderio di elevazione. L'incontro fra l'angelo e la trapezista avviene prima ad un livello spirituale, e la rinuncia dell'angelo alla sua natura avviene solo dopo questo avvicinamento: alla fine si rovesciano le parti, ed è Damiel (non più l’angelo) che osserva dal basso, tenendo la fune, i volteggi della sua Marion.
Sembra che egli senta un tipo di compassione superiore, o meglio, una compassione simile a quella umana, umanità che, angelo fatto di essere spirituale, guarda dall'alto senza essere conosciuto con i sensi dalla gente (fanno eccezione i bambini, cui Wenders ha dato molte affinità con gli angeli, per la loro ingenuità e per la loro esigenza di domande “metafisiche”): e, scambiando con Cassiel le vicende umane cui ha assistito, confessa un desiderio di corporeità, di peso, di colori e di sensi che l'altro non riesce a capire appieno. Per questo mi piace ricordare il titolo con cui la pellicola è stata distribuita nei paesi anglofoni, Wings of desire, che per una volta riesce a cogliere un aspetto fondamentale del film, per me: la compassione e il desiderio ardente di abbandonare l'infinitezza per la finitudine umana, l'immutabile per il mutevole, per il multiforme, per il divenire; l'atarassia per il patire, il sentire. E la gioia dei piccoli gesti, un caffé, la sensazione di calore di due mani sfregate, le chiacchiere in compagnia di un amico… i colori, la gioia delle piccole cose, l’elogio della quotidianità. Damiel, che a differenza di Cassiel ha una tensione insopprimibile verso il mondo, per una volta non è stato solo spettatore, ma è investito dalla espressione spirituale di un sentimento come l'amore. Marion, la giovane trapezista di cui s'innamora, è una piccola e giovane anima perduta nell'immensa città del Muro che separa, che divide; che in un musicale cupio dissolvi balla da sola al ritmo alienante delle canzoni di Nick Cave (che interpreta se stesso nel film); un'anima sola che, davanti agli avvenimenti della vita, si interroga sulla propria esistenza, sulle proprie paure e sensazioni, e che non cede alla disperazione. Domande che celano anch'esse un forte desiderio, una ricerca, un desiderio di elevazione. L'incontro fra l'angelo e la trapezista avviene prima ad un livello spirituale, e la rinuncia dell'angelo alla sua natura avviene solo dopo questo avvicinamento: alla fine si rovesciano le parti, ed è Damiel (non più l’angelo) che osserva dal basso, tenendo la fune, i volteggi della sua Marion.
Buon regista, un paio di scene splendide (il tentativo di salvataggio del suicida, il discorso di Peter Falk, i dialoghi tra angeli sulla cima della Siegessäule) e Berlino Ovest come "sottofondo": penso che gli ingredienti per un ottimo film ci siano tutti. Peccato che il titolo inglese sia tradotto pessimamente: l'originale tedesco "Der Himmel über Berlin", fortunatamente tradotto alla lettera in italiano, è tutta un'altra cosa.
RispondiEliminaMon cher David, ciao, e grazie per l'intervento :-) Sono d'accordo sulla correttezza della traduzione, ma a mio avviso "Wings of desire" cattura meglio uno dei significati più profondi del film. E comunque mooolto meglio del titolo del remake, City of angels. Pfui!
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