venerdì 29 aprile 2011

Collapse into now

8 Marzo 2011: viene lanciato sul mercato, atteso senza frenesia per via dell’ampia circolazione anticipata sul web, l’ultimo album dei R.E.M., Collapse into now. Volendo sintetizzare in una frase il giudizio della maggior parte delle riviste specializzate italiane si potrebbe scrivere: “suona come mille altre canzoni dei R.E.M., perciò tanto vale ascoltare quelle”. A parlare così dunque non sono solo i vecchi fan che rimpiangono il suono underground di Murmur (1983) o quello acustico di Automatic for the people (1992): rispettivamente, 28 e 19 anni fa (!). Credo che non si possa fare torto maggiore ad un musicista che paragonarlo continuamente al passato, soprattutto al suo stesso passato artistico. Sono un fan anch’io, che diamine, ma solo uno sciocco potrebbe attendersi un altro Automatic, un altro Murmur e persino un altro Document. Il motivo è molto semplice: ne è passata di acqua sotto i ponti da allora, i nostri non suonano più nella vecchia chiesa sconsacrata di Oconee Street, e da un pezzo i giornalisti hanno smesso di chiedere a Michael Stipe se è vero che ha preso l’AIDS nuotando nel laghetto del video di Nightswimming (e, per la cronaca, il cantante non ha mai contratto la malattia). Mancano le condizioni che hanno reso possibile la nascita di quei capolavori. Quindi ho fatto quello che dovrebbe fare ogni persona onesta: ho messo devotamente il cd nello stereo e mi sono messo in ascolto. E, bando alle ciance, questo disco suona bene e a mio parere contiene almeno 4- 5 brani che non sfigurerebbero in un immaginario best of (un secondo best of, intendo). La prima impressione è che Collapse into now si possa collocare a metà strada tra gli estremi di Accelerate e di Around the sun: un equilibrato mix tra ballate e pezzi veloci, entrambi supervisionati ancora da Jacknife Lee (perché squadra che vince non si cambia).
I paragoni con i lavori precedenti della band, tuttavia, se non si limitano a rimpiangere il passato, non sono inutili: l’insistenza sulla chitarra acustica di Peter Buck autorizza a chiamare in causa gli album storici della band, quelli che ne hanno creato l’identità musicale. Un altro indizio di questa continuità sta nella scelta di chiamare in studio per la seconda volta la musa e ispiratrice di Michael Stipe, Patti Smith, che duetta in Blue come 15 anni fa in E – Bow the letter, e gli elementi di somiglianza sono così manifesti da rendere indubbia la volontà di richiamarli. A mio parere la band ha scelto deliberamente di dialogare con se stessa, con le sue molte facce: e i brani sono continui confronti con il passato più recente (i brani d’apertura sembrano il proseguimento di Accelerate) e quello meno recente (le ballate marchio di fabbrica del gruppo), passando per brani che apportano notevoli elementi di novità (Walk in back, Me, Marlon Brando, Marlon Brando and I) e brani che rielaborano i capisaldi dello stile R.E.M. (Überlin, It happened Today; Mine smells like honey). Ma vediamo le canzoni nel dettaglio:


Discover: Brano d’apertura caratterizzato da una scintillante chitarra elettrica, bella linea di basso e voce tambureggiante. Dichiarazione d’intenti (coerenti a quelli di Accelerate).

All the best: Peter Buck non cambia chitarra e rincara la dose con un altro brano adrenalinico sostenuto dal drumming potente di Bill Rieflin e dalla voce senza esitazioni di Michael Stipe. Musicalmente molto affine ad Accelerate.

Überlin: Primo singolo e prima bellissima ballata introdotta da un breve arpeggio acustico di Peter Buck (parente stretto di Reveal e Automatic). Melodia molto accattivante e uno spruzzo di elettronica che non guastano il riconoscibile impianto classico della band.

Oh my heart: L’organo di sottofondo viene direttamente da Out of time ma la chitarra e il canto di Michael Stipe somigliano a quelli delle ballate di Accelerate e Reveal. Introdotta da un insolito quartetto di ottoni.

It happened today: Bella 12 corde di Buck (ricorda la recente Houston) sostiene un brano giocato tra le affascinanti alternanze vocali di Stipe e Mike Mills (in primo piano come in Out of time), con manforte finale di Eddie Vedder e Patti Smith.

Everyday is yours to win: Canzone introdotta da un ossessivo arpeggio piano/chitarra elettrica. Michael Stipe canta le strofe al megafono (con autocitazione del testo di Drive), nel ritornello (Yeee – yaaaa I know…) lo aiuta Mike Mills ai controcanti.

Mine smells like honey: Si torna a correre con una canzone breve dal ritornello irresistibile e scintillante e chitarra elettrica potente. Ancora Mike Mills protagonista ai controcanti.

Walk it back: Insolita ballata pianistica che incomincia con il ritornello, impreziosita da un essenziale accompagnamento acustico. Nel finale cresce molto grazie a pochi spruzzi di elettronica (mi vengono subito in mente i suoni di Reveal) e all’ingresso della batteria. Bella prova vocale di Michael Stipe, misurato ed espressivo allo stesso tempo.

Alligator_Aviator_Autopilot_Antimatter: A sostenere Michael Stipe alla voce stavolta c’è Peaches in un altro brano veloce e potente, belle chitarre elettriche di Buck e Scott McCaughey e ritmo incalzante/martellante.

That Someone Is You: Brano interlocutorio, brevissimo, quasi una parodia dei Green Day. Riempitivo. Probabilmente serve a rimarcare lo scarto con il riflessivo brano successivo.

Me, Marlon Brando, Marlon Brando and I: Canzone acustica, probabilmente eccessivamente breve, accompagnata da una chitarra con accordatura aperta e dal pianoforte. Testo oscuro e ritornello armonicamente insolito, voce sofferta di Stipe e controcanti di Mike Mills creano un effetto particolare.

Blue: Flux of consciousness alla E – bow the letter e alla Country feedback, delle quali conserva evidentissime sonorità. Unico brano di cui il libretto non contiene il testo (e che contiene la frase che dà il nome al disco), brano che ha la funzione di “chiudere il cerchio” – alla fine la canzone riprende il brano d’apertura, Discover – e la funzione di sintetizzare e conciliare la confusione tematica di tutto l’album nel canto e nelle parole di Patti Smith: “a sun makes shadows/All over your face/As you sit/Naked and blue/Into me”

Il video seguente è  uno dei cortometraggi che la band ha commissionato -uno per ogni brano - a diversi registi in occasione dell'uscita dell'album:

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