mercoledì 20 aprile 2011

Killing me softly

Nel mio itinerario nella Storia della letteratura inglese, un viaggio attraverso una lunga e difficile distesa di autori ed opere, la mia testa è andata vagando e rimbalzando tra le nuove scoperte e le cose note ed amate, creando associazioni ed accostamenti a dir poco bizzarri che, per questo, mi sono rimasti particolarmente impressi. Scriverò brevemente dei due più strani, pregando il lettore di valutarli senza severità, considerata la loro natura di “evasione” dai seri obiettivi dello studio.
Charlie Chaplin in City lights

Il primo è nato leggendo la trama del poema del poeta scozzese Robert Henryson (1425 ca. – 1506), il Testament of Cresseid, una sorta di continuazione dell’interminabile Troylus di Geoffrey Chaucer, in cui la fedifraga Criseide, dopo aver lasciato il povero Troilo per seguire Diomede, si ritrova a sua volta sola perduta e abbandonata a rimpiangere il passato e a maledire Cupido. In sogno le appare un consesso di dèi che la punisce sfigurandola con la lebbra per la sua immorale volubilità. Vagando per le strade del mondo, ridottasi a mendicare per vivere, si imbatte senza riconoscerlo nello sfolgorante Troilo, di ritorno da una vittoriosa battaglia contro i greci. L’eroe non può riconoscerla ma nell’atto di farle l’elemosina un vago ricordo affiora alla sua mente mentre Criseide, venuta a sapere più tardi l’identità del cavaliere, pronuncia in punto di morte il suo “testamento” maledicendo le proprie colpe. Nel vago riconoscimento di Criseide da parte di Troilo ho rivisto a parti invertite il riconoscimento finale del povero Charlot, protagonista di City lights, da parte della piccola fioraia. Siamo alla fine del film: la ragazza, conosciuta dal protagonista quando era non vedente, ha riacquistato la vista grazie al denaro guadagnato con grandi sacrifici proprio da Charlot. Dopo il felice esito dell’intervento agli occhi la fioraia non aveva avuto più notizie del suo benefattore, nel frattempo caduto in disgrazia, e non aveva mai potuto vederne i lineamenti. Tuttavia ella conservava il ricordo del tocco della sua mano e nell’ultima, struggente scena del film, nel casuale incontro tra i due protagonisti, la fioraia riconoscerà Charlot proprio stringendo la sua mano. La pellicola si chiude proprio sul sorriso commosso ed emozionato di Chaplin, pieno di gioia per il riconoscimento da parte della persona che tanto aveva amato.
Greta garbo interprete di Anna K

A parte l’elemento del riconoscimento e del mutamento della fortuna del protagonista sono ben pochi gli elementi in comune tra i due intrecci, peraltro resi ancora più lontani dalla sostanziale diversità dei cronotopi, del genere e del mezzo espressivo. 

Una maggiore somiglianza dell’intreccio ho trovato invece tra la tragedia di Thomas Heywood (1574 -1641), A woman killed with kindness, e Anna Karenina di Tolstoj. In entrambi un marito tradito spinge la moglie ad andarsene di casa fino a porterla alla disperazione e alla morte (con valenze e percorsi assolutamente diversi, certo, e con ben altro spessore e peso nelle “economie” delle due storie) privandola della vista dei figli. Le conclusioni sono però opposte: nell’autore inglese vi è una critica della fredda, spietata, “gentile” freddezza con cui il marito si vendica della moglie; mentre nel russo vi è soprattutto la sofferta condanna dell’adulterio dell’eroina, visto come deviazione dalla morale cristiana, e come violazione del perbenismo borghese tanto criticato, discusso, smascherato nella sua ottusa ipocrisia dallo scrittore, ma allo stesso modo responsabile della perdizione di Anna Karenina.

L’ultima associazione è la più semplice e banale, la più leggera, per questo ho pensato che ci stava bene alla fine di questi pensieri per ricollegarmi al titolo del post: buon ascolto con Killing me softly, non nella famosa versione dei Fugees ma in quella originale di Roberta Flack:

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