Nell'Oriente da fiaba inventato da Puccini per Turandot (1924), novella Sfinge partorita dalla fantasia di Carlo Gozzi nel Settecento, colpisce questo torvo inneggio al boia e alla morte (Gira la cote) in nome della Principessa, colei che ordina la morte dei pretendenti incapaci di risolvere gli enigmi, escogitati per vendicare l'antica ava uccisasi per una delusione amorosa. La folla invoca il mostrarsi della Luna, "l'amante smunta dei morti", testimone dell'opera incessante del carnefice che ha affilato la lama su una grossa cote a forma di ruota nella prima parte di questa complessa pagina corale.
Quasi un secolo dopo Casta diva di Bellini, che la invocava per calmare lo "zelo audace" dei Galli (1835), la Luna è sempre testimone dell'aldilà, del mistero, del soprannaturale, ma ad evocarla non è più Norma, la sacerdotessa, ma una folla truce e senza nome che adora una algida e spietata principessa, in una riproposizione del biblico "crucifige".
Nessun commento:
Posta un commento