Dopotutto
sembra che restino fissi, come la farfalla di Madame Butterfly - “da
uno spillo trafitta, ed in tavola infitta” - nelle pagine, nei
solchi di un vinile, nei bit scritti su un compact disc. Sembra che
restino fermi, passivi al volgere del tempo, e invece crescono
assieme noi e cambiano, offrendo nuovi volti a nuovi occhi,
arricchiti di esperienza, strumenti, sovrastrutture, capacità di
analisi. Penso al modo del tutto diverso con cui ho guardato col
tempo a dischi come Blue
di Joni Mitchell o Kid A, o alle poesie di Pascoli, o a libri
come Delitto e castigo. Nuovi occhi su nuovi volti, dopotutto
- volti che forse ci sono sempre stati, bastava saperli vedere.
Così mi
ricapita tra le mani un vecchio compact disc, il secondo disco di un
tributo collettivo ai Mašina
Vremeni (“macchina del tempo”), gruppo molto
popolare nella Russia degli anni Settanta e Ottanta. Regalo
inaspettato: in una torrida estate moscovita, mentre frequentavo un
corso di lingua all'RGGU, un vicino di stanza tedesco lo lasciò in
eredità assieme ad altri cd e a qualche libro. Ma pure regalo
incompreso: ricordo di averlo ascoltato una volta appena e averlo
riposto subito nello scaffale delle “delusioni” (assieme agli irredimibili Landing
on water di Neil Young e a The road to hell part 2 di
Chris Rea).
Chi fossero i Mašina
Vremeni, chi fossero gli artisti che ne interpretavano le canzoni
lo sconoscevo, e il mio russo non mi aiutava certo ad apprezzare né gli uni né gli altri.
Qualche anno dopo il mio russo non è ancora sbocciato ma alcuni di
quei nomi sono meno misteriosi, ho ascoltato un po' delle canzoni
di questi artisti, ho letto le loro storie, di alcuni ho visto
qualche concerto... la Russia è un po' meno una terra straniera,
anche se continua ad essere difficile da conquistare.
Compiendo
l'abituale gesto di girare facciata per sbirciare la tracklist,
mi salta subito agli occhi un nome che ho appreso recentemente,
quello di Sergej Šnurov,
leader dei Leningrad, eclettica rockstar protagonista di diversi progetti musicali: la
citazione di una sua canzone stava significativamente in cima
all'introduzione, che ho avuto il privilegio e il piacere di leggere in anteprima,
di un libro che sta per venire alla luce.
La linfa dei
ricordi e delle associazioni si è ramificata e ha ripercorso a
ritroso i rami fino alla radice per poi riproiettarsi avanti come in
una immaginaria macchina del tempo.
Il nome
della canzone, Den' gneva (“Il giorno dell'ira”), che è anche la traduzione russa della formula latina Dies irae, autorizzava a pensare a qualche testo polemico. E in effetti l'autore non ha usato mezzi termini (l'ho tradotto prendendomi qualche piccola
libertà):
Oggi è proprio il giorno
migliore,
Sventolino le bandiere
sulle folle,
Oggi è proprio il giorno
migliore -
oggi facciamo guerra agli
stupidi.
Da così tanti anni ognuno
di noi
ha patito da loro dolori e
sofferenze,
ma il tempo è scaduto,
l'ora è suonata
di slegarci le mani da
soli.
Distribuite armi agli
amici,
dopotutto tra di loro ci sono dei valorosi.
Distribuite armi agli
amici,
e gli stupidi spariranno.
Quando cadde l'ultimo
nemico,
la tromba suonò la
vittoria,
e solo in quel momento mi
sono reso conto -
di quanto
pochi di noi erano rimasti.
Chi siano gli stupidi non è in dubbio, se dobbiamo dar credito a quanto narrato nel film Dom solnca (“La casa del sole”) di Garik Sukačev, eclettico personaggio che è attore, regista, ma anche musicista e fondatore dei gruppi “Brigada S” e “Neprikasaemye”. Il film, sulla scorta di un racconto che si chiama "La casa del sole che sorge" (traduzione di House of the rising sun), narra una storia non proprio originale sullo sfondo colorato del movimento hippy russo, e si ispira, a livello estetico, al film Stiljagi di Valerij Todorovskij (2008) che ha raccontato con i toni del musical il piccolo mondo dissidente dei giovani modaioli degli anni '50 e '60. Ma a differenza di Stiljagi, le cui canzoni sono state scritte e interpretate per l'occasione da gruppi come i Bravo, la colonna sonora di Dom solnca è composta interamente da brani dell'epoca (Animals, Steppenwolf, Sixto Rodriguez, Doors, Visockij). Nel video che sto per segnalare, tratto dalla pellicola, gli autori ricostruiscono il leggendario primo concerto dei Mašina Vremeni: Andrej Makarevič, leader del gruppo (lo interpreta, curiosamente, proprio il figlio del musicista), attacca gli accordi di Den' Gneva ma riuscirà a cantarne solo poche strofe prima che l'immancabile commissario politico e la milizia interrompano l'esibizione del gruppo con l'accusa di “propaganda antisovietica”.
P.S. Purtroppo non ho trovato sul Tubo la versione di Sergej Šnurov e i Rubl', ma a questo link è possibile ascoltare una bella versione live dell'originale dei Mašina Vremeni.
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