L'incomprensione è una delle chiavi dell'ultimo, commovente film di Paolo Virzì: l'incomprensione e la mancanza di solidarietà all'interno dei nuclei sociali, dalla famiglia alla comunità; l'incomprensione (e l'inadeguatezza) degli strumenti normativi per racchiudere la complessità dei problemi psicologici, dei disagi sociali; l'incomprensione dei giudici che li utilizzano intervenendo pesantemente sulla vita e sui legami affettivi delle persone.

Ma come sempre nei lavori di Paolo Virzì il senso del film non risiede nel suo scioglimento ma nel suo intreccio: e il suo cinema apparentemente leggero indaga con occhio lucido e disincantato la triste e disumana realtà della moderna società, la perdita della compassione e della comprensione dell'altro, l'egoismo consumistico, la mancanza di solidarietà fino all'interno del nucleo familiare. Racconta, forse con un eccesso di sentimentalismo (c'è il contributo di Francesca Archibugi sulla sceneggiatura), la caduta di due esistenze diverse tra loro e il loro ingresso in una vita di alienazione, causata dalla mancanza di comprensione da parte della realtà circostante che le emargina e, con alcune nobili eccezioni, le rifiuta abbandonandole al loro destino. Così fanno i genitori di entrambe le donne, emblemi di meschinità ed inettitudine, così fanno i loro uomini; l'amante di Donatella (Micaela Ramazzotti) abbandona anche il proprio figlio. Ne emerge un quadro di deriva morale, una società esclusivamente concentrata sull'edonismo che ha ormai delegato esclusivamente allo Stato il trattamento di questi casi di diversità. L'umorismo e il leggero sorriso del cinema di Paolo Virzì non riescono a coprire l'orrore, l'autentico squallore di una società che, fuori dallo schermo, è molto più vicina a noi di quanto si possa immaginare.
Nessun commento:
Posta un commento